lunedì 7 aprile 2014

Quello specialissimo datore di lavoro

Durante un corso, alcuni mesi fa, ho cominciato la prima lezione leggendo la prima fiaba che si incontra nella raccolta dei Grimm: Il principe ranocchio o Enrico di Ferro. L'incipit di questa fiaba per me è impareggiabile, così come lo è la sua misteriosa chiusa. In Fiera, a Bologna, insieme a Monica Monachesi ho visitato la mostra Illustrare per l'infanzia, dedicata a Ugo Fontana, curata da Giorgia Grilli e Fabian Negrin. Insieme ci siamo soffermate sulle tavole di Il principe ranocchio, realizzate per la famosa raccolta Fiabe Sonore edita da Fabbri. Monica, che aveva seguito il corso, la lezione successiva a quella in cui avevo letto il Principe ranocchio, ha portato a lezione l'edizione delle Fiabe Sonore illustrata da Fontana. C'è stata una riflessione collettiva su come l'illustratore avesse reso la fiaba. Le illustrazioni ci sembrava rispettassero lo spirito della narrazione, intensa ed enigmatica, più del testo del fascicolo la cui traduzione e resa tendevano invece a una incongrua normalizzazione, a un appiattimento dei contenuti più profondi.

Ugo Fontana, Il principe rospo, 1966.
Claudio Solarino, Il principe rospo.

Nel bel catalogo della mostra, scritto dai due curatori, una illustrazione di Fontana per il Principe Ranocchio è affiancata a una tavola di Claudio Solarino che illustra il medesimo momento della fiaba (realizzata per la stessa collana, in una edizione successiva). Solarino è uno dei molti illustratori che soggiacque all'influenza di Fontana. La differenza fra le due immagini è macroscopica: in quella di Fontana al centro vi è la relazione - conflittuale, ambigua - , fra la principessa e il rospo; nella seconda i due personaggi, letteralmente descritti, sono in una relazione puramente spaziale, di adiacenza.

Ugo Fontana, Leggende polacche, 1963.
La prima tavola, elegante e composta, deflagra; la seconda, teatrale ed enfatica, manca il bersaglio. Io non sono né esperta di illustrazione né tanto meno conosco profondamente Fontana. Ma le sue tavole, che in parte conoscevo come ascoltatrice e lettrice delle Fiabe Sonore) mi hanno colpito, al di là del talento figurativo e tecnico, della sapienza e della vasta cultura visiva, per la capacità di finalizzare ogni strumento alla messa a fuoco dell'indicibile, come visione netta, tagliente, indelebile. Indicibile inteso come surplus della parola, corpo non letterale della frase che sta in ogni narrazione, e a cui mira il lavoro di tessitura verbale di ogni scrittore. Surplus a cui è possibile accedere esclusivamente attraverso la capacità di leggere, che è una competenza da equilibrista, sospesa fra rispetto del segno e ascolto delle sue molteplici, contraddittorie risonanze. Un grande illustratore, in questo senso, deve forzatamente essere un grande lettore. E qui mi fermo.

Il catalogo Illustrare per l'infanzia, che consiglio caldamente, tocca ogni aspetto della vita, della carriera e del lavoro di Ugo Fontana, offrendone un ritratto ampio e compiuto. Ed è a questo, infatti, che voglio lasciare spazio.

Ugo Fontana, Grandi regine, 1968.

Il primo brano che ho scelto è di pugno dello stesso Fontana e mette a fuoco una questione cruciale del lavoro dell'illustratore, quella fra testo e immagine; il secondo, di Giorgia Grilli e Fabian Negrin (che qui ringrazio per la collaborazione e il permesso di pubblicazione di parole e illustrazioni) esplicita con estrema chiarezza cosa significhi fare, ed editare, immagini per bambini e ragazzi.

Ugo Fontana, Pollicina, 1966.
Se ho detto scherzosamente all’inizio “datore di lavoro” è perché credo che questo termine tanto ricorrente nel campo dell’editoria noi dovremmo riferirlo non all’editore, ma, con forza e legittimità, al bambino. E che l’editore assolva degnamente il suo compito di imprenditore! Chiarito questo punto – che ritengo fondamentale – siccome mi tocca parlare soprattutto dell’illustratore, vediamo come nasce un libro. Un libro è un’idea, una scoperta che ha in sé del meraviglioso e si aggiunga nuova alle cose note. È merito dell’autore. La sua esperienza che si fa sentire nella forma poetica del testo è il contenuto del libro, la parte pregnante, attiva, mascolina, che si manifesta e si esaurisce nella poesia. L’editore è l’imprenditore. È lui che tiene le fila, è lui a sapere che un testo poetico non è ancora un libro per bambini (l’abbiamo detto altre volte) e sa che l’esperienza vissuta dell’autore giungerà tanto più completa quanto più varie saranno le esperienze sensitive che vi si accompagnano. A tutto quello che il bambino può percepire intellettualmente vuole aggiungere la percezione visiva: alla forma poetica, una seconda forma: quella immaginativo-pittorica. A questo punto l’illustratore è chiamato a fare la propria parte: gli viene proposto un testo che sul momento gli appare estraneo, una cosa che viene dal di fuori, da lontano, di cui non può dire se sia buona e vera. Agire senza conoscere significherebbe sottrarsi alla pur minima responsabilità. Un racconto reale, vero, non lo si può imparare né copiare o ricalcare da un racconto raccontato, non importa da chi, ma deve essere il frutto di una esperienza direttamente vissuta.

Ugo Fontana, Grandi regine, 1968.

Tocca all’illustratore percorrere a ritroso la strada che ha fatto l’autore, puntare alla sua stessa fonte, alla prima idea e conoscerla. Allora, l’autore e l’illustratore – che non hanno inventato nulla – ma hanno conosciuto la stessa cosa, la racconteranno, con linguaggio poetico l’uno, con linguaggio pittorico-immaginativo, l’altro. Così il bambino percepirà il libro per le vie degli occhi e della mente e si sommeranno esperienze intellettuali e sensibili: valori di forma e contenuto si identificheranno e un ponte si stabilirà tra le percezioni dell’autore e dell’illustratore da una parte, e quelle del bambino dall’altra. Ciò equivale a stabilire un contatto, un legame, tra l’idea soprasensibile e il sensibile.
[Ugo Fontana, dal Catalogo della Mostra degli illustratori della Fiera del libro per ragazzi di Bologna, 1971.]

Ugo Fontana, Grandi regine, 1968.
Fontana si è approcciato ai libri per ragazzi con una serietà, un impegno, una dedizione, un’intensità di coinvolgimento eccezionali, sia quando ha illustrato fiabe che quando ha illustrato romanzi, classici o contemporanei, testi di divulgazione storica e scientifica, volumi di scolastica, o perfino legati alla religione (diversi sono gli esempi di libri da lui illustrati di catechismo, per esempio per preparare alla prima comunione). La mole di lavoro che riusciva a portare avanti ha dell’incredibile – la sua bibliografia consta di quasi duecentocinquanta titoli – e sappiamo, da molte testimonianze, che a questo amato mestiere di illustratore egli dedicava forse perfino un eccesso di concentrazione (ci sono aneddoti in famiglia di come, emergendo dallo studio dopo ore di lavoro per pranzare o cenare, egli fosse così assorto nei pensieri dell’opera svolta e ancora da finire che la moglie doveva sollevargli il gomito dal tavolo per fargli scorrere sotto la tovaglia e finire di apparecchiare).
Dal punto di vista della tecnica e dello stile, Fontana è stato un infaticabile sperimentatore e soprattutto, nel complesso della sua opera, un illustratore che si è saputo mantenere in equilibrio tra dimensioni apparentemente opposte, che lui è stato in grado eccezionalmente di conciliare. In particolare egli resta sospeso tra modernità e tradizione, tra realismo ed astrazione, con quelle straordinarie figure umane in cui, per esempio, volto e mani sono realizzati con la massima precisione, sono ricchi di dettagli, di luci e ombre, di sfumature, di tridimensione, mentre gli abiti che le ricoprono o gli sfondi su cui si stagliano sono quasi geometriche campiture di colore, superfici astratte, allusioni all’informale. 


Ugo Fontana, Il califfo cicogna, 1981.

Ma la sua opera rivela anche altri tipi di quasi ossimorica conciliazione: tra dettaglio e sintesi, tra metonimia e ridondanza, tra giapponismo e barocco e, mirabilmente, tra mondo dell’infanzia, tenuto costantemente presente, e quanto di più sofisticato, in termini estetici, ha da offrire anche ai bambini – soprattutto ai bambini – il mondo adulto. Che occorresse partire dall’infanzia e dalle opportunità offerte ad essa per giungere alla formazione di un uomo ideale, era, del resto, l’idea stessa alla base del pensiero di Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia che tanto aveva affascinato e convinto Fontana. Ai bambini va dato il meglio, a loro va garantita un’esperienza estetica il più possibile ricca. 

Ugo Fontana, Pelle d'asino, 1966.
Credendo in questo, Fontana, come illustratore, non poteva far altro che ispirarsi agli esempi più alti della storia della cultura, in termini di visivo. Ha infatti attinto, nel suo fare libri per bambini, a piene mani all’arte di ogni tempo e luogo, talvolta inserendo riferimenti espliciti a singoli quadri, ma più in generale interiorizzando e dando forma alla tensione verso la complessità, l’eleganza, il bello che ha mosso, nei secoli, l’umanità a dare il meglio e che, regalata all’infanzia fin da subito, può contribuire a educarne il gusto. Il bambino è stato davvero sempre l’implicito ‘datore di lavoro’ di Fontana, e alla complessità delle richieste, delle domande, delle istanze dell’infanzia egli ha risposto, illustrando, col proprio rifuggire la banalità, la semplificazione, la scelta delle vie e delle soluzioni più facili o già percorse a favore di una ricerca vera, profonda, disposta a rischiare, altissima. Tale da poter essere degna di un bambino.
(da Illustrare per l'infanzia, di Giorgia Grilli, Fabian Negrin).

Segnaliamo tre libri, illustrati da Ugo Fontana, usciti in concomitanza della mostra: Donatella Ziliotto, Mondo bambino, Salani; di Roberto Piumini, Grandi regine, Mondadori; La bella addormentata nel bosco, Fabbri.

Dalla Fiera di Bologna, la mostra Illustrare per l'infanzia si è spostata, in questi giorni, alla Pinacoteca Nazionale di Bologna dove starà fino al 27 Aprile. Un luogo perfetto per un illustratore il cui lavoro ha profonde radici nello studio dell'arte dei grandi maestri della pittura.

Chiudiamo il post con questo video, in cui Giorgia Grilli spiega The lost treasure, nuova sezione della annuale mostra degli illustratori di Bologna Children Bookfair, inaugurata con l'esposizione di Ugo Fontana.

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